Nascita della cooperativa

L’AURORA EDITRICE

COME, QUANDO, PERCHE’ E CON CHI NASCE LA COOPERATIVA EDITRICE.Icona EDITRICE AURORA. jpg

La Cooperativa Editrice AURORA nasce a Milano il 15 maggio 1979, quando l’Assemblea dei Soci della Cooperativa Editrice OTTOBRE decide di cambiare la propria denominazione in  Cooperativa Editrice AURORA (AURORA d’ora in poi).

Da allora l’AURORA produce e diffonde quaderni e libri e darà vita al bollettino “Interstampa” che, in seguito, diventerà rivista.     Ed è dall’AURORA che nasce e prende slancio, come  abbiamo anticipato,  anche il progetto di costruire, in Italia, una rete di Centri Culturali, come il Centro Concetto Marchesi (CCCM) in pieno centro a Milano. Con Interstampa e questi Centri, ai quali allora facevano rifermento centinaia e centinaia di compagni/e, si prova a tenere ben viva la battaglia politica di quanti si oppongono a quella “mutazione genetica”  in corso nel PCI che, in seguito, porterà al suo scioglimento.

La storia dell’AURORA e del suo braccio culturale, il CCCM, sono quindi intimamente connesse all’evoluzione della storia stessa del PCI;  una storia gloriosa che, sciaguratamente, si vuole chiudere, come purtroppo avverrà.  Per tenerla viva, sia l’AURORA che il CCCM  cercano di coinvolgere e di parlare con una sinistra di classe ampia e che va ben oltre il PCI.  E sarà proprio dall’AURORA e dal CCCM che scaturirà la spinta decisiva,  la scintilla per far nascere, dalle ceneri del PCI, il Movimento per  il Partito della Rifondazione  Comunista. Ma questa è un’altra storia.

In sintesi le storie dell’AURORA e del CCCM  decollanp  quando quella del PCI si avvia a concludersi.

Ma chi sono le persone, i/le compagni/e che si organizzano per resistere al declino e perché a Milano e perché scelgono, prima, lo strumento di una Cooperativa ,  poi dei Centri Culturali?

Per comprenderlo (in buona sostanza si tratta di comprendere la genesi stessa dell’AURORA e del CCCM)  è bene provare a guardare alle lontane radici della sinistra di classe milanese e, ad esempio, tornare, addirittura, a  prima  del ’21, quando il marxismo a Milano era rappresentato dai suoi critici, come Turati e Treves, a differenza di Torino.

Anche a Livorno i comunisti milanesi , a ben guardare, erano minoranza, rappresentati oltretutto da  bordighiani come Bruno Fortichiari e non solo.  Milano in seguito sarà, è vero,  capitale della Resistenza al fascismo che Mussolini aveva  fondato proprio a Milano,  in piazza San Sepolcro, avviando un percorso devastante per l’Italia e  che per lui si concluderà in piazzale Loreto.     Ancora, Milano e la sua classe operaia saranno protagonisti degli scioperi del ’43 e del ’44;  gli unici nell’Europa occupata dai nazisti.

Ed  è  un partito , il PCI milanese che esce da quel periodo, indurito dalla clandestinità, il carcere, il  confino, la lotta armata senza tregua e quando questo partito torna “alla luce del sole” (è così che Concetto Marchesi saluta i comunisti introducendo la 2° Conferenza nazionale del PCI), stenta a comprendere il progetto di “Partito di tipo nuovo” che Togliatti propone.   Lo guarda con freddezza già dalla Federazione, prima diretta da Gian Carlo Pajetta e poi da Giuseppe Alberganti, due compagni prestigiosi, come del resto lo è tutto il primo gruppo dirigente composto da partigiani combattenti come Francesco Scotti, Lina Fibbi, Alberto Mario Cavallotti, ai quali si aggiungeranno Raffaele De Grada, Giovanni Pesce e il giovanissimo Sergio Ricaldone.

Togliatti (Ercoli) che viene da Mosca, accreditato dal suo rapporto con Stalin, il vero vincitore del nazifascismo, deve, perciò,  fare i conti con questi compagni della sinistra storica che si troveranno, solo qualche anno dopo, a far riferimento a Pietro Secchia, il grande dirigente che aveva diretto la lotta di Liberazione con Luigi Longo, inviato a dirigere il Partito della Lombardia dopo il “caso Seniga” e la sua successiva rimozione dalla carica di Vice-Segretario Nazionale.

A Milano, nel PCI, è, quindi, battaglia politica durissima quella che esplode nel Congresso di Federazione che prepara (è il 1956)  l’8° Congresso nazionale.

Dopo le varie vicissitudini di uno scontro che si protrarrà per qualche anno, i compagni e le compagne della sinistra storica vengono allontanati dai ruoli dirigenti del Partito.

Da allora, e siamo ai primissimi anni ’60, il PCI milanese avrà sicuramente grande importanza nel Paese ma, a differenza del PCI  di tutte le grandi città, non avrà mai quel ruolo egemone che, invece,  particolarmente a Milano, sarà ricoperto dal PSI di Craxi al quale il PCI, ancora particolarmente a Milano, si accoderà. Ed è su questo punto che si andrà a determinare lo scontro politico tra Berlinguer e i cosiddetti miglioristi che proprio in Milano hanno la loro roccaforte.

E i compagni e le compagne allontanati? Questi/e compagni/e non se ne vanno a casa carichi di risentimento, ma continuano a fare attività nel Partito e, soprattutto, nella CGIL.

I loro punti di riferimento sono Alessandro Vaia, il generale garibaldino della guerra di Spagna e Giuseppe Sacchi che sarà il condottiero della lotta degli elettromeccanici.

Ed è proprio alla Camera del Lavoro di Milano che, con Sacchi , ritroviamo appunto Manlio Pirola, Saverio Nigretti, Jone Bagnoli, Elisa Milanato, Osvaldo Muzzana, ossia un nucleo di compagni/e di quella sinistra storica ai quali, da allora, comincia a far riferimento una nuova leva di giovani sindacalisti comunisti tra i quali Aurelio Crippa, Roberto  Cocevari, Michele Tedesco, Antonio Turri, Walter Esposti.E’ una sinistra, questa che si va configurando a Milano nella prima metà degli anni ’60, molto radicata nelle fabbriche industriali e che verrà definita, in grossolana semplificazione, filosovietica. In verità, è l’espressione più nobile dell’operaismo, molto diversa dalla sinistra ingraiana che emergerà nello scontro con Giorgio Amendola, e lontana anche dalla sinistra del Manifesto che, sempre a Milano, esprimerà  Rossana Rossanda e Michelangelo Notarianni.

Ed è, infine,  una sinistra che guarderà con spirito critico alle scelte del PCI  degli anni ’70 (un partito che, ancora e  sempre a Milano, non aveva saputo cogliere la grande potenzialità insita nella rivolta giovanile del biennio ’68-’69) e andrà a mettere in discussione ora il “compromesso storico”, ora la linea dell’austerità, ora il Governo d’emergenza con la DC, ora la svolta sindacale dell’EUR.  E’ il dissenso.

Ma, come (e se) organizzarlo, perché non è affatto semplice dissentire nel PCI ?

Ci sono perciò i primi contatti, a  Firenze, tra Pietro Secchia, Ambrogio Donini, Raffaellino De Grada, Arnaldo Bera e, appunto, Alessandro Vaia e Giuseppe Sacchi.

Chi siamo, in quanti siamo, dove vogliamo andare? In gran segreto ci si riunisce anche a Milano, in una osteria immersa nella nebbia, in quel di Cassignaniga, dove si ragiona su come dar voce e forma al dissenso. E’ un ragionamento delicato: nel PCI il dissenso non può ancora essere reso esplicito. Nasce così l’ipotesi di fondare non una rivista (il che avrebbe portato questi compagni  a incorrere nei veti dello Statuto del Partito) , ma una Cooperativa Editrice intendersi come contenitore teso a sviluppare il dibattito e a non disperdere il protagonismo dei tanti compagni, tenuto compresso da un Partito che ha già perso la generazione delle lotte studentesche.

E il 27 dicembre 1978 nasce la “Cooperativa Editrice Ottobre” con sede a Varese. Primo Presidente Restelli, con lui troviamo Nori Brambilla Pesce, Osvaldo Muzzana, Alessandro Vaia, Arnaldo Bera, Mauro Cimaschi, Fausto Sorini. Nel gennaio del 1979 questa Cooperativa apre una sede a Milano, in via Sanremo n. 15, in cui
queste iniziative creano un entusiasmo che va oltre Milano e, come già ricordato, il 15 maggio 1979 la Cooperativa Editrice OTTOBRE cambia la propria denominazione in AURORA.  E l’AURORA produce quaderni, libri, la rivista INTERSTAMPA e, soprattutto, sollecita la diffusione in Italia di una rete di circoli culturali di cui il più importante sarà proprio il Centro Culturale CONCETTO MARCHESI che, in locali acquistati dall’AURORA in via Spallanzani n. 6 a Milano,  verrà inaugurato, come ricordato, il 19 febbraio 1984.

Da quel momento la vita dell’AURORA  e del CCCM procederanno in parallelo e via Spallanzani diventerà “l’officina dei prototipi” in cui si andranno a mettere  a punto, in centinaia di iniziative, le idee che poi si riverseranno  in Rifondazione Comunista (in quei locali in pieno centro di Milano si andrà a collocare, nel suo primo decennio di vita, anche il Regionale del PRC).

Oggi, L’aurora, mantenendo la proprietà di via Spallanzani, si è collocata anche in via Benaco, angolo via Vallarsa, a Porta Romana e, ovviamente, con libri, mostre e convegni continua la collaborazione con il CCCM,  non più come espressione del PRC, come è stata vista per un certo periodo della sua storia, ma di una sinistra ampia e in evoluzione.

E la storia continua.

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