L’EQUIVOCO MILANO TRA BOSCO VERTICALE E MENSA DEI POVERI

di Bruno Casati*

La “mensa dei poveri”, alla quale oggi sta guardando la Magistratura, non è certo quella che tutti i giorni dà da mangiare a immigrati, pensionati, disoccupati e precari: questa la gestiscono la Caritas e altre anime belle. No, è l’altra, è il ristorante, a due passi dalla Regione Lombardia, dove, già a suo tempo, si incontravano tutti quei personaggi che poi si trovarono insieme a salire lo scalone del Palazzo di Giustizia, per poi ridiscenderlo in manette per essere accompagnati a San Vittore. Quella era la Milano di Tangentopoli. Oggi, 27 anni dopo Tangentopoli, la stessa “mensa dei poveri”, che poi è un ristorante di buon livello, è tornata all’onore, si fa per dire, della cronaca. Agli stessi tavoli oggi si siedono (così le informazioni che escono dalla Magistratura)le nuove leve di una politica d’assalto a libro paga di imprenditori pronti a comperare e funzionari pubblici pronti a vendere. Imprenditori corruttori che pagano per avere le commesse delle Gare d’Appalto pubbliche truccate su misura e  funzionari corrotti che intascano tangenti non per il Partito come fu trent’anni fa, ma per sé. Oggi questi funzionari, ai quali l’inchiesta ci dice si accompagnavano uomini della mafia, si sentono potenti, impunibili, si scambiano favori l’un l’altro la cui chiave sono le consulenze: “io ti posso anche dare quell’incarico che mi chiedi, ma tu fammi vedere il cammello” (così, testuale dalle intercettazioni). Forse a quei tavoli della “mensa dei poveri” dove, tra un branzino e un risotto al tartufo, s’aggiustavano le gare d’appalto e si mercanteggiavano incarichi in cambio appunto di consulenze, erano ancora in funzione le vecchie cimici rivelatrici degli orrendi traffici della scintillante “Milano da bere”. Il tempo si è fermato nella Milano della “mensa dei poveri”  ma nessuno a quei tavoli è parso preoccupato del fatto che addirittura Formigoni, in forza della “Legge spazza corrotti”, è oggi ai domiciliari condannato a 5 anni e 10 mesi. Formigoni,  Il monarca della Regione, non uno qualsiasi. Milano, con queste inchieste, presenta così o ripresenta, l’altro volto, quello nascosto dietro sfilate, grattacieli e boschi  verticali, perché al centro di questa nuova rete di  corruzione non c’è, o non c’è solo, la Regione Lombardia, anche se il suo Presidente Fontana, che vuole apparire integerrimo dovrà chiarire il ruolo che ha avuto nel non denunciare le pressioni ricevute, ma è proprio il Comune di Milano con gli appalti indiretti delle sue partecipate, come, AMSA e  A2A, e quelli diretti del Comune stesso. Anche AFOL (acronimo che sta per Agenzia, Formazione, Orientamento Lavoro  che è poi l’Agenzia di Via Soderini 24 di cui fa parte il Centro per l’Impiego, soggetto principale per l’assegnazione del Reddito di Cittadinanza) anche l’AFOL di Milano è chiamata in causa con il suo Direttore, quello che voleva fare un gran salto di carriera ma, il furbacchione non faceva “vedere il cammello”, così testuale dalle intercettazioni. E l’AFOL è appunto una struttura della fantomatica Città Metropolitana di cui  Sala è il Sindaco. Ma Sala non vede, i suoi Assessori ancor meno, lui non sa e, quando viene a sapere, minimizza. Ma come fai, benedetto uomo, a minimizzare quando ti arrestano 43 persone, e molti sono  i tuoi dipendenti?  Se ci pensiamo bene non sorprende visto che non pare preoccupato nemmeno per la richiesta di condanna a suo carico a 13 mesi per falso negli atti dell’EXPO. Sala è superiore a queste bazzecole, lui gode tutt’ora della spinta propulsiva  che gli ha dato l’EXPO e quindi gode della buona stampa (con l’EXPO sono stati pagati tutti salvo i cittadini) riservata agli intoccabili. Ma durerà la luna di miele? Forse lui si vede già Presidente del Consiglio di un futuro Governo  e non si rende conto dell’accerchiamento in corso: perché gli hanno già arrestato tra gli altri quasi tutti i suoi “capaci” collaboratori,   e poi ci sono  le destre che a Milano, in meno di dieci anni, hanno riconquistato via via tutte le zone che, nel 2010 con il voto a Pisapia, erano passate al Centro-Sinistra.  C’è da essere preoccupati. Il re è nudo? si sta forse  esaurendo la spinta propulsiva? Ci vorrà ancora tempo perché lo si capisca però bisogna cominciare a dire subito la verità su questa Città in apparenza glamour, in apparenza europea. E girare finalmente pagina sulla stucchevole narrazione agiografica di Milano. Si dica la verità. Ecco, se si fa il confronto con le altre città capoluogo delle Regioni Manifatturiere più produttive d’Europa, e questo confronto lo ha fatto Assolombarda con l’Agenzia Ernst & Young, Milano segna pesanti arretratezze che la retorica dell’EXPO non compensa. Sul teleriscaldamento ad esempio: 200 Km a Milano, 800 a Monaco. Sulle piste ciclabili: 140 Km a Milano, 350 a Lione. Sulle aree verdi che sono poi  i boschi orizzontali, quelli concretamente  pedonabili: 32 mq per abitante a Milano, 94 a Barcellona, 133 a Monaco, 154 a Stoccarda, ben 366 a Lione. Sono arretratezze gravi, ma ci aspetta il peggio che può configurarsi nelle colate di cemento annunciate per le attuali aree dismesse: l’ex EXPO, le  caserme, gli scali ferroviari e, Dio non voglia, la riapertura dei Navigli e l’abbattimento dello stadio di San Siro (sacrilegio). E poi le Olimpiadi della neve. Sono così programmate nuove opere per 3ML di Mq in gran parte per destinazione Residenziale e Terziario. Ma servono? Servono, ci si domandi,  in una città in cui già ci sono 1,5ML di Mq invenduti o sfitti e 30000  o forse più appartamenti sfitti o inutilizzati? E, se non servono ai cittadini a chi, ancora, ci si domandi, servono? Servono agli architetti di ogni dove che si accapigliano per progettare le più ardite costruzioni da esporre non nella Disneyland di Shanghai ma nella vetrina di Milano, niente a che vedere con l’eleganza svettante del grattacielo Pirelli che resta di gran lunga il Manifesto del Design di questa Metropoli. Servono agli eredi del “Ligrestismo” e quindi ai Manfredi Catella, alla lobby degli Archistar e a tutti i grandi operatori immobiliari che considerano i progetti come valori preziosi da mettere a bilancio per attrarre lucrosi finanziamenti dalle Banche.

Sintesi: oggi a Milano si definisce come riqualificazione quello che un tempo si chiamava speculazione e il Comune ha di fatto consegnato la programmazione urbana al privato, che ha trovato in questa città la sua Bengodi. Ma in questa euforia vogliamo dire la verità una buona volta? Milano oggi è in una bolla immobiliare destinata prima o poi a scoppiare perché vive un presente che sarà anche carico di retoriche ma non dispone di una visione unitaria d’insieme. Si procede per progetti separati, ognuno con il suo padrino politico del presente e del passato che si affida agli operatori privati del presente. Viene il fondato sospetto che il futuro di Milano non si decida a Palazzo Marino ma, se non alla “mensa dei poveri”,  in qualche salotto riservato e senza cimici. Il cerchio però si sta per chiudere ma il Sindaco non sa, non vede, minimizza e quando è messo con le spalle al muro scarica sui “capaci collaboratori”. L’uomo è abile, si sa muovere bene, perciò verrebbe a questo punto  da chiedersi: qual’è la partita vera che sta giocando Giuseppe Sala? In che squadra gioca per davvero il Sig. Sindaco? In che squadra giocherà domani?

 * Presidente del Centro Culturale Concetto Marchesi

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