Per una legge elettorale proporzionale

di Marco Dal Toso*

Avv. Marco Dal Toso

Il 21 luglio 1923 venne approvata con 223 si e 123 no il ddl Acerbo, voluta da B. Mussolini. Essa prevedeva  l’adozione di un sistema proporzionale stravolto da un premio di maggioranza 2/3 dei seggi all’interno di un collegio unico nazionale suddiviso in 16 circoscrizioni elettorali.

Il premio di maggioranza scattava in favore del partito più votato che superasse anche il quorum del 25%. .A favore votarono il Partito Nazionale fascista, buona parte del Partito Popolare Italiano, la stragrande maggioranza dei componenti dei gruppi parlamentari di tendenze liberali; e la quasi totalità  degli esponenti della destra. Votarono contro i deputati dei gruppi socialista,  comunista, della sinistra liberale di Gobetti e dei popolari che facevano riferimento a Don Sturzo.

Il 2 giugno 1946, contestualmente allo svolgimento del referendum monarchia / repubblica, venne eletta con metodo proporzionale l’Assemblea Costituente che,dopo circa un anno di serrato confronto e discussione, definì la nostra Carta costituzionale .

In data 18 ottobre 1952 il Consiglio dei ministri del VII governo De Gasperi (Dc e Pri) varò il progetto di una nuova legge maggioritaria: il 65% dei seggi sarebbe andato alla coalizioni che avrebbero superato il  50% dei voti: la famosa, cosiddetta  “Legge truffa”  che  trovò l’opposizione dei comunisti e socialisti e di altri gruppi democratici , tra cui Unità Popolare fondata  da F.Parri, Piero Calamandrei e Tristano Codignola.

Il Partito Comunista Italiano pose quattro pregiudiziali contro la ”Legge truffa”:

-         la sua incostituzionalità, perché  la proporzionale pura sta alla base della nostra Costituzione;

-         che avrebbe violato il principio di eguaglianza del voto (art. 48 Cost);

-         la violazione del  principio di tutela delle minoranze linguistiche;

-         che avrebbe spianato la strada ad un Governo oligarchico.

Il 20 gennaio 1953 si tenne lo sciopero generale contro la “Legge truffa” indetto dalla Cgil.

In seguito alle elezioni politiche del 7 giugno 1953, il quadripartito (Dc, Psdi, Pli, Pri), non riuscì ad ottenere il premio di maggioranza per 54.968 voti e la legge truffa non passò.

Questa breve ricostruzione storica, e’ necessaria per ricostruire nel nostro Paese , la centralità, assunta per il sistema politico, della legge elettorale.

(elezioni politiche 24 febbraio 2013; schema ottenuto grazie alla consulenza di Roberto D’Alimonte, docente di Sistema politico italiano all’università Luiss di Roma e di Aldo Cristadoro, direttore di ricerca della divisione politico sociale dell’istituto Ipsos)

La Corte Costituzionale ha, con sentenza n. 1/2014, dichiarato  in via incidentale la parziale illegittimità della legge n. 270/2005 nella parte relativa al meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza,  perché non prevede una “ ragionevole soglia minima” e quindi determina un’alterazione del sistema democratico.

Alla coalizione vincente alla Camera e’ stato assegnato  nel 2013   un premio di maggioranza pari  al cinquantacinque per cento dei seggi (coalizione con quasi il 30% Pd e Sel a cui vengono assegnati  340 deputati)

Quanto alla parte della legge dichiarata incostituzionale (Il Porcellum”), relativa alla lista bloccata, il Giudice delle leggi afferma che “le disposizioni censurate, nello stabilire che il voto espresso dall’elettore, destinato a determinare per intero la composizione della Camera e del Senato, e’ un voto per la scelta della lista , escludono ogni facoltà dell’elettore di incidere sull’elezione dei propri rappresentanti, la quale dipende, oltre che, ovviamente, dal numero dei seggi ottenuti dalla lista di appartenenza , dall’ordine di presentazione dei candidati nella stessa, ordine di presentazione che e’ sostanzialmente deciso dai partiti…….

Una simile disciplina, prosegue la Corte, priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti. Sulla base di tali argomenti, il Giudice delle leggi ricorda che la circostanza che il legislatore abbia lasciato ai partiti il compito di indicare l’ordine di presentazione delle candidature non lede in alcun modo la libertà di voto del cittadino: a condizione che quest’ultimo sia “pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta , attraverso  il voto di preferenza. (sent. N 203/1975).

Cosa succederebbe, quindi, nel caso in cui i partiti non riuscissero a trovare un accordo per riformare la legge elettorale nel solco indicato dalla Corte Costituzionale?

Semplice, si andrebbe a votare con un sistema proporzionale puro con la possibilità di esprimere il voto di preferenza, così come previsto dalla normativa di “risulta”. Nessun vuoto normativo dunque, solo la sostituzione di un sistema maggioritario con uno proporzionale. Un sistema pronto ad essere usato già oggi, qualora si aprisse la strada a nuove elezioni.

La stabilità sarebbe, dunque, garantita dalla capacità dei partiti di creare egemonia nella società e di trovare un terreno di condivisione sul piano dei contenuti programmatici

L’accordo sul sistema elettorale intercorso fra Renzi e Berlusconi (doppio turno di coalizione) prevede un premio di maggioranza del 18%  (alla coalizione che raggiunge il 35 % viene assegnato il 53% dei seggi) e una mini lista bloccata dei partiti con 4 o 5 seggi in palio al massimo, con soglia di sbarramento al 5% per i partiti in coalizione (soglia minima per la coalizione  fissata al 12%) e per i partiti non coalizzati  la soglia di sbarramento viene fissata all’8%.  Metà metodo spagnolo proporzionale, un po’ di francese “maggioritario” con variante dell’Italicum che assume una parte del “porcellum”. Sfugge, inoltre, la validità politica di un confronto sui temi del bicameralismo e del titolo quinto della Costituzione  con una forza politica, come Forza Italia, lontana anni luce dalla cultura politica dei padri costituenti.

Non vi è dubbio che, almeno, sotto il profilo della rappresentanza democratica (una testa un voto)  , e dei principi costituzionali indicati dagli art 3 e 48 della Costituzione (uguaglianza del voto e voto libero  del cittadino con possibilità di scelta del candidato) qualche perplessità di  legittimità costituzionale resta.

Acquista, quindi, tutta la sua pregnanza la sottolineatura decisiva della natura del metodo elettorale proporzionale. Di esso si tace la reale caratteristica, proprio perché solo nella sua conformazione di meccanismo volto alla rappresentazione “integrale “del sistema elettorale, merita il titolo che lo contrappone al metodo uninominale maggioritario, a uno o due turni, usato in Gran Bretagna, negli Usa e nella Francia “presidenzialista”. Il proporzionale “solo se e’ puro”  ha l’obiettivo di riflettere in termini più esatti possibili tutti i gruppi sociali e le forze politiche che partecipano alle elezioni.

*Avvocato – Segretario dell’Associazione Giuristi Democratici di Milano

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